Sottotitolo: una cerimonia e un ricevimento dal sapore inusuale ma affascinante.
Post legato a questo.
Con la classe e l'eleganza che contraddistinguono gli inglesi, all'inizio dell'anno era arrivata alla tua casella di posta la partecipazione all'evento: il matrimonio di Isabella e Thomas, la prima è la figlia di una cara conoscente/parente della biondina e pertanto italo-inglese, il secondo è (era) un perfetto sconosciuto dall'aspetto e modi tipicamente british.
E' passato un bel pezzo prima di prendere la decisione di rispondere positivamente al cortese invito, perché in famiglia (ma soprattutto la biondina) si era un po' in dubbio su due aspetti della vicenda: non siete parenti stretti e sapevate che era una cerimonia per pochi intimi, non è che ad andare si faceva la figura di quelli imbucati che non centravano niente (eccoli lì i soliti italiani che se c'è da mangiare e bere a sbafo sono sempre i primi)? e poi (non conoscendo quasi nessuno e quasi per niente la lingua) avreste dovuto dipendere totalmente da Angela, la madre della sposa, non è che sareste stati di peso?
Superate queste perplessità con senno di poi puoi dire di aver fatto bene ad andare!
Dopo aver spiegato nel post precedente il viaggio e i gli altri giorni inglesi, cominciamo a parlare del matrimonio vero e proprio. Si è trattato di rito civile, e quindi non essendo necessaria una chiesa, sia il rito che il ricevimento si sono svolti entrambi nello stesso luogo: Le Manoir aux Quat'Saisons, uno splendido complesso che concentra albergo di lusso, ristorante, struttura per matrimoni e eventi e un enorme giardino.
La bella giornata di sole e il fatto di essere a fine maggio ha reso il posto veramente incantevole, pieno di colori e di profumi.
Ideale set per le foto degli sposi ma anche per le foto degli invitati.
E cornice ideale per qualche passeggiata durante e dopo il ricevimento.
Ma torniamo alla cronaca: siete arrivati in taxi (purtroppo una macchina normale, non il tipico taxi black cab londinese) con solo dieci minuti di strada e sul posto erano già arrivati tutti gli invitati e anche lo sposo. Gli invitati, va detto perché è un dato importante, ammontavano ad un totale di 37 persone. In Italia un numero simile non è semplicemente pensabile per un matrimonio.
La sposa arriva in perfetto orario a bordo di una macchina d'epoca con il padre.
La cerimonia vera e propria avviene in una stanza sobria, con un camino acceso e una grande vetrata sull'esterno ma di piccole dimensioni, pressappoco pari a quelle del tuo soggiorno, che rendono il tutto ancora più intimo e amichevole. A presenziare il rito una signora di una dolcezza infinita che con la sua voce bassa e sorridente ti fa sentire veramente come se fossi nel soggiorno di casa tua.
Poi si passa nel giardino del ristorante per il cocktail di aperitivo. Qui due cose da ricordare e una di cui ti vergogni. Partiamo dalla parte imbarazzante e diciamo che mentre venivate presentati ai parenti dello sposo e agli amici della coppia come i cugini della sposa, con la vostra limitatissima conoscenza dell'inglese (che non va al di là di quelle due frasi di convenienza) avete fatto la figura degli italiani ignoranti. Come in effetti siete.
La prima delle cose bellissime da ricordare è stata la presenza del coro formato dai ragazzi che studiano nella scuola dove lavora la sposa: quattordici ragazzi non ancora maggiorenni che cantavano a cappella pezzi prevalentemente swing di 40/50 anni fa. Bravissimi e molto caratteristici nei loro gilet dalla forte personalità.
Tu naturalmente non conoscevi le canzoni che cantavano, se non quella che hai ripreso qua sopra: si tratta di Sh-boom dei The Chords, che sei riuscito a recuperare solo perché presente nella colonna sonora di Cars.
L'altra cosa gradita soprattutto dal bimbo è stata la scoperta di un nuovo gioco: il croquet, a cui avete dedicato buona parte del pomeriggio, con anche tutta una serie di varianti fantasiose e creative.
Quando è venuto il momento di sedersi al tavolo, si è palesato quanto eravate distante dal pranzo di nozze tradizionale italiano. Tavole curatissime (con quattro forchette, tre coltelli e una pletora di bicchieri) e camerieri che non lasciavano le bevande sul tavolo, ma riempivano di volta in volta con solerzia i bicchieri lasciati vuoti. E haute cuisine francese.
Antipasto: tartare de saumon, salade de concombre, caviar d'oscietre e créme au raifort.
Nella foto seguente la seconda parte di quello che hai scritto sopra, qualunque cosa sia quello che hai scritto sopra.
Primo: ravioli de petit pois, asperges et morilles.
... e tu che pensavi che ravioli fosse il plurale di raviolo ...
Secondo: suprême de canard rôti, endive caramellisée, yuzu, sauce au thé de jasmin.
Di questo purtroppo ti sei dimenticato di fare la foto, peccato! Ma ti riprometti di cercare meglio su facebook, che magari salta fuori.
Dolce: meringue mollœuse à la vanille de Thaiti, fraises et rhubarbre
Come fotografo di cucina non vali granché: le digital card dei gormiti e Saetta McQueen che fanno capolino nell'inquadratura demoliscono un po' la composizione.
Poi dolce e caffè in giardino.
Tutto ottimo e dalla spiccata personalità. E per quanto riguarda il fatto che le porzioni non erano quelle a cui ti abituano i ristoranti italiani, Il vantaggio è che tra quello che non ha mangiato il bimbo e quello che non ha mangiato la biondina, tu hai mangiato doppia porzione di tutto.
La famigerata bomboniera, che dalle vostre parti di solito è oggetto di cattivo gusto e/o inutile (e pertanto oggetto di scherno e derisione) in questo caso è stato, se uno è un gretto materialista, una boccettina di superalcolico di eccelsa qualità (per quanto puoi esserne esperto tu), ma se uno invece è un inguaribile romantico si tratta di un puro balsamo concentrato di amicizia, un prezioso rimedio da solitudine, tensioni e noia.
Questa è la cronaca. Più o meno completa. Più o meno accurata.
Poi ci sono le sensazioni, i sorrisi, le strette di mano.
In una espressione (in verità più americana che inglese: le good vibes.
E di quelle quel giorno abbiamo fatto scorta.
Post legato a questo.
Con la classe e l'eleganza che contraddistinguono gli inglesi, all'inizio dell'anno era arrivata alla tua casella di posta la partecipazione all'evento: il matrimonio di Isabella e Thomas, la prima è la figlia di una cara conoscente/parente della biondina e pertanto italo-inglese, il secondo è (era) un perfetto sconosciuto dall'aspetto e modi tipicamente british.
E' passato un bel pezzo prima di prendere la decisione di rispondere positivamente al cortese invito, perché in famiglia (ma soprattutto la biondina) si era un po' in dubbio su due aspetti della vicenda: non siete parenti stretti e sapevate che era una cerimonia per pochi intimi, non è che ad andare si faceva la figura di quelli imbucati che non centravano niente (eccoli lì i soliti italiani che se c'è da mangiare e bere a sbafo sono sempre i primi)? e poi (non conoscendo quasi nessuno e quasi per niente la lingua) avreste dovuto dipendere totalmente da Angela, la madre della sposa, non è che sareste stati di peso?
Superate queste perplessità con senno di poi puoi dire di aver fatto bene ad andare!
Dopo aver spiegato nel post precedente il viaggio e i gli altri giorni inglesi, cominciamo a parlare del matrimonio vero e proprio. Si è trattato di rito civile, e quindi non essendo necessaria una chiesa, sia il rito che il ricevimento si sono svolti entrambi nello stesso luogo: Le Manoir aux Quat'Saisons, uno splendido complesso che concentra albergo di lusso, ristorante, struttura per matrimoni e eventi e un enorme giardino.
La bella giornata di sole e il fatto di essere a fine maggio ha reso il posto veramente incantevole, pieno di colori e di profumi.
Ideale set per le foto degli sposi ma anche per le foto degli invitati.
E cornice ideale per qualche passeggiata durante e dopo il ricevimento.
Ma torniamo alla cronaca: siete arrivati in taxi (purtroppo una macchina normale, non il tipico taxi black cab londinese) con solo dieci minuti di strada e sul posto erano già arrivati tutti gli invitati e anche lo sposo. Gli invitati, va detto perché è un dato importante, ammontavano ad un totale di 37 persone. In Italia un numero simile non è semplicemente pensabile per un matrimonio.
La sposa arriva in perfetto orario a bordo di una macchina d'epoca con il padre.
La cerimonia vera e propria avviene in una stanza sobria, con un camino acceso e una grande vetrata sull'esterno ma di piccole dimensioni, pressappoco pari a quelle del tuo soggiorno, che rendono il tutto ancora più intimo e amichevole. A presenziare il rito una signora di una dolcezza infinita che con la sua voce bassa e sorridente ti fa sentire veramente come se fossi nel soggiorno di casa tua.
Poi si passa nel giardino del ristorante per il cocktail di aperitivo. Qui due cose da ricordare e una di cui ti vergogni. Partiamo dalla parte imbarazzante e diciamo che mentre venivate presentati ai parenti dello sposo e agli amici della coppia come i cugini della sposa, con la vostra limitatissima conoscenza dell'inglese (che non va al di là di quelle due frasi di convenienza) avete fatto la figura degli italiani ignoranti. Come in effetti siete.
La prima delle cose bellissime da ricordare è stata la presenza del coro formato dai ragazzi che studiano nella scuola dove lavora la sposa: quattordici ragazzi non ancora maggiorenni che cantavano a cappella pezzi prevalentemente swing di 40/50 anni fa. Bravissimi e molto caratteristici nei loro gilet dalla forte personalità.
Tu naturalmente non conoscevi le canzoni che cantavano, se non quella che hai ripreso qua sopra: si tratta di Sh-boom dei The Chords, che sei riuscito a recuperare solo perché presente nella colonna sonora di Cars.
L'altra cosa gradita soprattutto dal bimbo è stata la scoperta di un nuovo gioco: il croquet, a cui avete dedicato buona parte del pomeriggio, con anche tutta una serie di varianti fantasiose e creative.
Quando è venuto il momento di sedersi al tavolo, si è palesato quanto eravate distante dal pranzo di nozze tradizionale italiano. Tavole curatissime (con quattro forchette, tre coltelli e una pletora di bicchieri) e camerieri che non lasciavano le bevande sul tavolo, ma riempivano di volta in volta con solerzia i bicchieri lasciati vuoti. E haute cuisine francese.
Antipasto: tartare de saumon, salade de concombre, caviar d'oscietre e créme au raifort.
Nella foto seguente la seconda parte di quello che hai scritto sopra, qualunque cosa sia quello che hai scritto sopra.
Primo: ravioli de petit pois, asperges et morilles.
... e tu che pensavi che ravioli fosse il plurale di raviolo ...
Secondo: suprême de canard rôti, endive caramellisée, yuzu, sauce au thé de jasmin.
Di questo purtroppo ti sei dimenticato di fare la foto, peccato! Ma ti riprometti di cercare meglio su facebook, che magari salta fuori.
Dolce: meringue mollœuse à la vanille de Thaiti, fraises et rhubarbre
Come fotografo di cucina non vali granché: le digital card dei gormiti e Saetta McQueen che fanno capolino nell'inquadratura demoliscono un po' la composizione.
Poi dolce e caffè in giardino.
Tutto ottimo e dalla spiccata personalità. E per quanto riguarda il fatto che le porzioni non erano quelle a cui ti abituano i ristoranti italiani, Il vantaggio è che tra quello che non ha mangiato il bimbo e quello che non ha mangiato la biondina, tu hai mangiato doppia porzione di tutto.
La famigerata bomboniera, che dalle vostre parti di solito è oggetto di cattivo gusto e/o inutile (e pertanto oggetto di scherno e derisione) in questo caso è stato, se uno è un gretto materialista, una boccettina di superalcolico di eccelsa qualità (per quanto puoi esserne esperto tu), ma se uno invece è un inguaribile romantico si tratta di un puro balsamo concentrato di amicizia, un prezioso rimedio da solitudine, tensioni e noia.
Questa è la cronaca. Più o meno completa. Più o meno accurata.
Poi ci sono le sensazioni, i sorrisi, le strette di mano.
In una espressione (in verità più americana che inglese: le good vibes.
E di quelle quel giorno abbiamo fatto scorta.
Nessun commento:
Posta un commento