Ci hanno sempre raccontato che il referendum è l'unica forma di democrazia diretta presente nella nostra normativa nazionale (ad essere precisi ci sarebbero degli altri strumenti, ma non vengono utilizzati quasi mai) e che quindi non andare a votare è una grave mancanza di senso dello stato.
E' vero.
Anzi, sono convinto che non partecipare a qualsiasi espressione di democrazia che ci è disponibile è come arrendersi e dire: ... ok, fate di me quello che volete!
Non votare perché tanto non cambia niente è sbagliato.
Non votare perché tanto non è importante è inopportuno.
Non votare perché che vada su quello o quell'altro a me non cambia niente è controproducente.
E quindi anche questa domenica sono andato a votare.
E ho votato quattro si.
Chiarito questo, c'è da dire che questa volta più di altre ho avuto la tentazione di non andare a votare (o addirittura votare qualche no) perché, oggettivamente, il referendum abrogativo ha delle lacune strutturali pazzesche.
I due quesiti sull'acqua hanno il vantaggio sul fronte del si di essere facilmente estremizzabili e nell'opinione pubblica due quesiti molto tecnici sul modo di gestire la rete degli acquedotti (così li ho intesi spulciando un po la rete) sono diventati una battaglia per impedire che l'acqua diventi un lusso.
La verità sta giustamente nel mezzo, quindi se in una società ideale con risorse economiche infinite per gli enti pubblici la gestione di un bene così importante deve rimanere vincolata al capitale pubblico, è pur vero che l'intervento di capitali privati può far partire quegli investimenti che sono indispensabili al mantenimento della struttura distributiva.
Ma negli altri casi in cui ultimamente la gestione di un servizio pubblico è passata al privato, ci sono stati dei miglioramenti nel servizio?
Mi sono fatto questa domanda e, dopo aver pensato alle autostrade, ho votato si.
Il quesito sul nucleare, così come è stato scritto, non è sul nucleare.
Tecnicamente abbiamo abolito due commi di un decreto legge che, tra le altre cose, prevedeva l'adozione del piano energetico nazionale che individua le priorita' e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree geografiche di approvvigionamento, il miglioramento della competitivita' del sistema energetico nazionale e lo sviluppo delle infrastrutture nella prospettiva del mercato interno europeo, l'incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore energetico e la partecipazione ad accordi internazionali di cooperazione tecnologica, la sostenibilita' ambientale nella produzione e negli usi dell'energia, anche ai fini della riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, la valorizzazione e lo sviluppo di filiere industriali nazionali. Nella definizione della Strategia, il Consiglio dei Ministri tiene conto delle valutazioni effettuate a livello di Unione europea e a livello internazionale sulla sicurezza delle tecnologie disponibili, degli obiettivi fissati a livello di Unione europea e a livello internazionale in materia di cambiamenti climatici, delle indicazioni dell'Unione europea e degli organismi internazionali in materia di scenari energetici e ambientali.
Scritta così sembrerebbe che noi abbiamo impedito al governo di fare il suo lavoro, cioè di prevedere, valutare, pianificare, migliorare, sviluppare.
Capite che forse era meglio abolire questo referendum dopo la moratoria del mese scorso, piuttosto che proporre questo accrocchio senza senso.
Però ho votato lo stesso si perché la realizzazione di centrali nucleari a fissione non è e non sarà mai la soluzione al problema energetico italiano o globale. Per come la vedo io, tanto vale continuare con le fonti energetiche fossili, incrementare il più possibile le rinnovabili, ma puntare decisamente sulla fusione nucleare che, anche se non tecnicamente pronta per la produzione di energia su vasta scala, sarà la vera soluzione.
Quindi non buttiamo soldi nelle centrali attuali (che ormai è un treno che abbiamo perso), ma investiamo pesantemente in ricerca per essere pronti e in prima linea per quello che verrà.
Come si vede per tutti i distinguo che ho fatto, è difficile e spesso controproducente ridurre un argomento importante per la vita di un paese ad un si o no.
La politica è l'arte del compromesso, e il compromesso vive di sfumature.
Se lo si imprigiona tra il bianco o nero, tra il si o no, scomparirà.
Per questo non mi piacciono i referendum abrogativi.
... oddio, quasi tutti ...
... ci sono le eccezioni in cui un referendum è essenziale per trasmettere un messaggio forte e chiaro al governo su una porcata che può aver fatto.
Era questo il caso del quarto quesito sul legittimo impedimento.
Ma tanto so già che darà la colpa ai magistrati comunisti ...
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