Continua il processo a mio carico con l'accusa di essere uno sfigato senza speranza, di quelli fissati con i film di fantascienza.
Qui e qui le prime due parti.
Sono laureato in ingegneria edile: praticamente un quasi architetto.
Questo mi porterebbe ad essere interessato all'architettura, al design, e all'arte plastica in generale.
Quindi, per uno come me, la Triennale di Milano dovrebbe essere quasi una specie di seconda casa.
Invece ci sono andato solo tre volte.
La prima nel 2002 per una mostra sull'architetto Jean Nouvel quando ancora facevo l'architetto come lavoro. La seconda il 5 ottobre 2004 per Andy Warhol: fu il regalo che mi feci per il mio trentesimo compleanno.
Ma la mostra che più mi è rimasta nel cuore fu Star Wars the show, maggio del 2005, poco prima dell'uscita al cinema dell'ultimo capitolo dell'esalogia.
Ero estasiato.
C'erano disegni originali della scenografia, alcuni story-board, modellini in scala di studio di mezzi e attrezzature, costumi di scena, e alcuni originali come le armature dei droidi.
C'erano dei quadri bellissimi che rappresentavano gli studi preliminari dei vari pianeti: da Tatooine a Coruscant, da Dagobah fino alla luna boscosa di Endor.
C'erano i modellini delle astronavi dell'impero dei primi film, che venivano filmati dal vivo, e c'erano su dei maxischermi i rendering dei modelli computerizzati delle astronavi degli ultimi film in CGI.
C'era la colonna sonora sparata in tutte le sale dell'esposizione ad accompagnare lo spettatore.
C'era, alla fine della mostra, l'immancabile negozio di merchandising in cui avrei comprato tutto, ma in cui mi limitai a una fighissima maglietta nera con il casco di Dart Fener.
... e c'era la biondina, che mi guardava, annuiva e pensava: ho sposato un cretino.
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