Tu sei stato da piccolo una vera piaga.
Gli anni dell'asilo li hai passati la maggior parte a casa tra pertossi, influenze a nastro, tutte le malattie possibili e un sacco di altri problemi di salute tra cui una bella collezione di allergie. Allergie che poi si portavano dietro anche una bella asma bronchiale.
Principalmente eri/sei allergico a graminacee, acari e peli di animali come gatto e coniglio.
Il dubbio nel tempo verbale della frase precedente è perché con gli anni queste allergie si sono affievolite e al di là del gatto di tua zia (che per tanto la cara donna pulisca a fondo la casa, tu non puoi restare da lei per più di un paio d'ore senza cominciare a starnutire e a respirare a fatica) puoi permetterti di non farti condizionare la vita.
Il bimbo è tuo figlio.
Non che fosse necessaria una conferma, ma ha ereditato da te questa predisposizione allo starnuto facile e all'occhio arrossato in presenza di alcuni allergeni. Pertanto qualche mese fa ha fatto le prove allergologiche all'ospedale, comportandosi come un omino coraggioso e risultando positivo ad alcuni tipi di acari e di graminacee, ma (fortunatamente per lui) immune al pelo di animale.
Ma è un'altra la cosa che hai scoperto ultimamente per cui vale la pena essere contenti: il bimbo non è allergico alle punture di calabrone. E nei sei venuto a conoscenza nel modo peggiore.
Mentre eravate in Carinzia in ferie, quasi di ritorno da una delle vostre gite in bicicletta, vi fermate a fare qualche foto in un bel agriturismo. La zona però è piena di alberi da frutto e la stagione è quella delle mele belle mature e succosissime, e dei loro frequentatori abitudinari a strisce.
E' stato un attimo: tu eri proprio dietro al bimbo e hai visto il calabrone posarsi sulla spalla del bimbo bello placido. Potevi fare due cose: o cercare di mandarlo via, con il rischio di infastidirlo, o far finta di niente e aspettare che se ne andasse spontaneamente, ma con il rischio che invece di andarsene si avvicinasse di più al collo della creatura. Mentre sei li a pensarci, il bimbo forse se ne accorge e, come gesto spontaneo per scacciare un insetto, lo schiaccia contro la spalla.
L'inferno in terra.
Lui che comincia a urlare come un'aquila, tu che ripeti con fare stupido: no, no, no!, la biondina che arriva come una furia in modalità chioccia vendicativa.
Bagnate subito con acqua la spalla morsa (o punta?), ma più di quello non sei in grado di fare. Ma a bloccarti non è solo il fatto che non riesci a chiedere aiuto alle persone presenti (che te hai provato ad entrare in un locale vicino, ma a dirgli nel tuo inglese avventuroso sorry, my son have a bite of bee. I need a ice!! questi o non capivano o facevano finta di niente) ma è stato proprio il terrore.
La paura che oltre al dolore tremendo che probabilmente sentiva, potesse sviluppare qualche altro tipo di problema. Proprio pochi giorni prima di partire il telegiornale aveva riportato di un quarantenne (in salute, giocatore di rugby, non un bimbo di quattro anni) morto in dieci minuti per una puntura di calabrone.
Sono stati dieci minuti di panico.
Pensi siano stati dieci minuti ma non ne sei sicuro, perché il terrore ha la capacità di curvare il tessuto spaziotemporale e ti sono sembrati dieci giorni.
Tra un urlo e l'altro controllavi che la lingua non si gonfiasse, che rimanesse lucido, che non si alzasse troppo la temperatura, e qualche altra stupidata che ti suggeriva il tuo buonsenso alterato. Che se fosse comparso qualcuno di questi problemi, allora avresti cominciato anche te ad urlare e a correre per la strada fino a farti capire da qualcuno.
Ma al di là di un modesto rossore e gonfiore locale, altro non succedeva, e poi alla fine una signora incuriosita dalle urla si era avvicinata e aveva capito il tuo inglese ignorante, portandoti un sacchettino con del ghiaccio che ha avuto subito effetto lenitivo sul bimbo.
Quando poi si è calmato e hai capito lo scampato pericolo, nel tornare a casa quei pochi chilometri in bici ti sono sembrati durissimi.
Escludendo la possibilità che la bici fosse diventata di colpo più pesante, la colpa è sicuramente della paura che ti ha fatto diventare le gambe molli e tremolati.
Gli anni dell'asilo li hai passati la maggior parte a casa tra pertossi, influenze a nastro, tutte le malattie possibili e un sacco di altri problemi di salute tra cui una bella collezione di allergie. Allergie che poi si portavano dietro anche una bella asma bronchiale.
Principalmente eri/sei allergico a graminacee, acari e peli di animali come gatto e coniglio.
Il dubbio nel tempo verbale della frase precedente è perché con gli anni queste allergie si sono affievolite e al di là del gatto di tua zia (che per tanto la cara donna pulisca a fondo la casa, tu non puoi restare da lei per più di un paio d'ore senza cominciare a starnutire e a respirare a fatica) puoi permetterti di non farti condizionare la vita.
Il bimbo è tuo figlio.
Non che fosse necessaria una conferma, ma ha ereditato da te questa predisposizione allo starnuto facile e all'occhio arrossato in presenza di alcuni allergeni. Pertanto qualche mese fa ha fatto le prove allergologiche all'ospedale, comportandosi come un omino coraggioso e risultando positivo ad alcuni tipi di acari e di graminacee, ma (fortunatamente per lui) immune al pelo di animale.
Ma è un'altra la cosa che hai scoperto ultimamente per cui vale la pena essere contenti: il bimbo non è allergico alle punture di calabrone. E nei sei venuto a conoscenza nel modo peggiore.
BBUUU!!!! ... paura, eh? |
Mentre eravate in Carinzia in ferie, quasi di ritorno da una delle vostre gite in bicicletta, vi fermate a fare qualche foto in un bel agriturismo. La zona però è piena di alberi da frutto e la stagione è quella delle mele belle mature e succosissime, e dei loro frequentatori abitudinari a strisce.
E' stato un attimo: tu eri proprio dietro al bimbo e hai visto il calabrone posarsi sulla spalla del bimbo bello placido. Potevi fare due cose: o cercare di mandarlo via, con il rischio di infastidirlo, o far finta di niente e aspettare che se ne andasse spontaneamente, ma con il rischio che invece di andarsene si avvicinasse di più al collo della creatura. Mentre sei li a pensarci, il bimbo forse se ne accorge e, come gesto spontaneo per scacciare un insetto, lo schiaccia contro la spalla.
L'inferno in terra.
Lui che comincia a urlare come un'aquila, tu che ripeti con fare stupido: no, no, no!, la biondina che arriva come una furia in modalità chioccia vendicativa.
Bagnate subito con acqua la spalla morsa (o punta?), ma più di quello non sei in grado di fare. Ma a bloccarti non è solo il fatto che non riesci a chiedere aiuto alle persone presenti (che te hai provato ad entrare in un locale vicino, ma a dirgli nel tuo inglese avventuroso sorry, my son have a bite of bee. I need a ice!! questi o non capivano o facevano finta di niente) ma è stato proprio il terrore.
La paura che oltre al dolore tremendo che probabilmente sentiva, potesse sviluppare qualche altro tipo di problema. Proprio pochi giorni prima di partire il telegiornale aveva riportato di un quarantenne (in salute, giocatore di rugby, non un bimbo di quattro anni) morto in dieci minuti per una puntura di calabrone.
Sono stati dieci minuti di panico.
Pensi siano stati dieci minuti ma non ne sei sicuro, perché il terrore ha la capacità di curvare il tessuto spaziotemporale e ti sono sembrati dieci giorni.
Tra un urlo e l'altro controllavi che la lingua non si gonfiasse, che rimanesse lucido, che non si alzasse troppo la temperatura, e qualche altra stupidata che ti suggeriva il tuo buonsenso alterato. Che se fosse comparso qualcuno di questi problemi, allora avresti cominciato anche te ad urlare e a correre per la strada fino a farti capire da qualcuno.
Ma al di là di un modesto rossore e gonfiore locale, altro non succedeva, e poi alla fine una signora incuriosita dalle urla si era avvicinata e aveva capito il tuo inglese ignorante, portandoti un sacchettino con del ghiaccio che ha avuto subito effetto lenitivo sul bimbo.
Quando poi si è calmato e hai capito lo scampato pericolo, nel tornare a casa quei pochi chilometri in bici ti sono sembrati durissimi.
Escludendo la possibilità che la bici fosse diventata di colpo più pesante, la colpa è sicuramente della paura che ti ha fatto diventare le gambe molli e tremolati.