Ci sono quelli che se gli chiedi a cosa pensano quando corrono da soli, ti dicono che non pensano a niente, che lasciano il cervello libero e che si concentrano soltanto sulle sensazione del loro corpo.
Poi ci sono quelli che ti dicono che loro si concentrano, che pensano a tutte le cose che gli succedono e riescono, nell'estasi dello sforzo fisico, ad elaborare pensieri alti e importanti. Oppure ricevono l'illuminazione e risolvono i problemi del lavoro.
Tu invece che fai?
Diciamo metà e metà.
Se sei stanco dal lavoro (intendi mentalmente, che i lavori faticosi sono altri!) di solito accendi la musica e riesci ad estraniarti dall'ambiente esterno fino a raggiungere una sorta di nirvana del pensiero.
Ma la volta che riesci a concentrarti su qualcosa, di solito sono cazzate senza senso. Altro che pensieri alti o poetici.
Di seguito un esempio illuminante.
L'altro sera, viste le cattive condizioni meteorologiche, ti sei ritrovato a correre un'oretta sul tapis roulant e per un tortuoso sentiero dei tuoi neuroni ti sei ritrovato a ragionare su quanto tempo, partendo da fermo, il tuo tappeto arriva alla velocità media che ti eri prefissato di 6 minuti al kilometro. Lasciando perdere il modo più semplice e lineare (cioè azzerare il tappeto e ripartire cronometrando il tempo di accellerazione) hai cominciato ad immaginarti la funzione velocità in un asse cartesiano velocità/tempo. Hai pensato al fatto che l'area al di sotto della funzione rappresenta la distanza percorsa. Hai pensato che è necessario approssimare la parte variabile della funzione come lineare, anche se in realtà avrebbe una forma da funzione cubica. E nella tua mente hai impostato la funzione che, una volta risolta, ti avrebbe dato come risultato l'incognita x (cioè il tempo in cui il tappeto raggiunge la velocità costante) conoscendo in quanto tempo riesci a percorrere un kilometro.
Poi sarà stato il fatto che le unità di misura erano difficili da far combaciare tra loro (tempo in secondi o minuti, velocità in kilometri all'ora o minuti al kilometro) o più semplicemente perché, seppur con un passo lento, stavi correndo e il sangue non affluiva con la necessaria portata al cervello essendo occupato da altre parti, ma alla fine è passata un'ora senza essere riuscito a risolvere numericamente l'equazione impostata.
Tanto che ti era rimasto il tarlo e il giorno dopo, mentre percorrevi la linea 3 della metropolitana tra San Donato a Duomo, hai dovuto armarti di carta e penna e risolvere il problema che aveva agitato i sogni della notte precedente.
La cosa strana è che questo stratagemma del concentrarti su un problema apparentemente futile ma matematicamente rigoroso ti ha fatto volare quell'ora di corsa da solo sul tappeto che altrimenti ti sarebbe sembrata eterna.
Due insegnamenti da questi ragionamenti.
a) La fisica e la matematica a livello di scuole superiori (diciamo i primi anni delle scuole superiori) sono cose che ti sono sempre piaciute e che ti affascinano anche adesso. Soprattutto la consapevolezza che la matematica è la grammatica della natura.
b) I runners (in generale e te in particolare) sono dei pazzi disadattati senza speranza.
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